Il 21 luglio del 2021 l’assessore alla sicurezza di Voghera, avvocato e con diversi anni di esperienza come poliziotto, ha ucciso un uomo.
La faccenda ha che fare con il modo in cui la società in cui viviamo gestisce le stesse persone che spinge ai margini.
Il signore ammazzato viveva all’incrocio dell’oppressione di soggetto razzializzato, espulso dal processo produttivo, con problemi mentali. Disadattato. Da mettere in quei depositi di umanità di eccesso che sono galere e CPR. Non per processo penale ma per processo amministrativo.
Aveva degli atteggiamenti molesti? Da quanto sappiamo, sì. Ma non è questo il punto. Il punto è che era considerato indecoroso. Se è il figlio del commercialista Tal dei Tali che va in giro a molestare il prossimo dopo essersi pippato qualche grammo di coca, non gli tiri con la pistola. Perché “boys will be boys” e, al più, gli tiri un ceffone (scusandoti, poi, con il Signor Padre). Se è Youns El Boussetaoui a essere ubriaco e a infastidire, è invece giusto sparargli anche se lo si poteva gestire in modo meno violento. Cinquant’anni fa si sarebbe chiamato Ciriaco Saldutto o Barabèl. Più a sud si chiamerebbe Davide Bifolco.
Lui è indecoroso, il figlio del commercialista è un ragazzo che vuole divertirsi ed esagera un po’.
A Youns El Boussetaoui la seconda chanche (ma, a ben vedere, neanche la prima) non è concessa.
Infatti chi gioisce del suo omicidio lo fa perché se muore uno così c’è da festeggiare a prescindere dal pericolo effettivo che rappresentava. A quelli che festeggiano non interessa vivere più sicuri: interessa sputare in testa agli ultimi sfigati. Molto probabilmente sono gli stessi che, non nella responsabilità individuale ma nella propria funzione sociale, l’hanno spinto in quello stato. E i loro servi. Chi lo ha ucciso, riportano le cronache, era noto per andare in giro a molestare gli indecorosi nel nome del decoro. Una fantastica storia di provincia.
Al di là di come andrà il processo c’è un fatto sociale su cui bisogna concentrarsi: venti anni di incessante propaganda sull’esistenza del degrado, dell’insicurezza, una propaganda figlia della necessità di riorganizzare gli spazi urbani per favorire l’estrazione di valore e quei processi sociali che stanno portando a una società sempre più securitaria. Una società sempre più securitaria e meno sicura.
La sicurezza, individuale e collettiva, è la proprietà emergente di un sistema sociale. Una società che si basa su uno squilibrio di potere talmente forte da cristallizzarsi in dominio, basata su princìpi
gerarchici e sulla messa a valore (ovvero sulla trasformazione in merce del mondo) non potrà mai essere sicura. Con buona pace dei benpensanti che festeggiano per ogni nuova telecamera di videosorveglianza o per il passaggio delle volanti.
La marginalizzazione di soggetti espulsi dai processi produttivi, la gestione disciplinare del malessere mentale, la militarizzazione degli spazi urbani metropolitani, l’emergere di soggetti politici che costruiscono le loro carriere sulla promessa di mantenere libere dal “degrado” pacifiche cittadine di provincia e sulla promessa di dare a ogni uomo bianco e borghese il ruolo di custode della patria (dove si muore di inquinamento ben più di quanto si muore per delitti sanzionati dal Codice) sono le cause di questo omicidio.
La sicurezza non la si otterrà con più sindaci sceriffi, come vorrebbe Salvini, o con le armi concentrate in mano a polizia e carabinieri, come vorrebbe Letta. La sicurezza, sicurezza di poter mettere i pasti a tavola, la sicurezza di poter andare dove si vuole senza subire vessazioni, la sicurezza di amare chi si vuole, la sicurezza di vivere, la sicurezza di potersi difendere, individualmente e collettivamente, da chiunque voglia sottomettere e sfruttare, la si otterrà solo dicendo addio a una società securitaria.
lorcon